Nonostante questo blog sia
dichiaratamente dedicato alla città di Catanzaro, mi permetterete
ogni tanto qualche piccola digressione riguardante altre zone della
Calabria.
Oggi dedico qualche riga ad una
splendida località della nostra regione: Scilla. In particolare al
Castello Ruffo di Scilla, di cui potrete leggere qualche cenno anche
su wikipedia.
Imponente, carico di storia,
affascinante. Ma non è per tesserne le lodi che ne parlo.
Che le condizioni delle innumerevoli
risorse archeologiche, storiche, artistiche e culturali del Belpaese
siano pessime è cosa nota e, nonostante mi sia erudito in merito
anche grazie a “Vandali” di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella
(probabilmente i massimi esperti degli sprechi all'italiana), rimango
sempre esterrefatto quando tocco con mano il peggio che le nostre
amministrazioni pubbliche sanno dare.
Il Castello Ruffo domina dall'alto la
costa Scillea. Fiero. Maestoso.
Percorro il viale che porta
all'ingresso, entro nell'ufficio adibito a biglietteria. Euro 1,50
per l'ingresso mi comunica una delle tre impiegate tre che
siedono stancamente dietro alla scrivania. Poco, penso. Ritiro il
biglietto e prima di andarmene mi viene offerta una “guida del
castello”: una fotocopia b/n, solo testo, plastificata alla bell'e
meglio recante la scritta evidenziata “Restituire all'uscita”.
Comincio
la mia visita seguendo la descrizione della “guida” e, seppur non
entusiasta del servizio finora ricevuto, mi compiaccio delle
condizioni del monumento. Altri turisti si immergono insieme a me
nell'atmosfera carica di storia, purtroppo senza i preziosi consigli
del testo che ho tra le mani: la mia copia era l'ultima disponibile.
Attraversato
il portale che conduce alla zona centrale, intravedo qualcosa che fa
venire la pelle d'oca: due costruzioni moderne sono state realizzate
all'interno delle mura che da secoli dominano lo Stretto. Nel periodo
fascista alcuni lavori danneggiarono irrimediabilmente la struttura.
Questi e altri lavori hanno violentato e distrutto ciò che neanche i
terremoti del 1783 e del 1908 erano riusciti a distruggere.
Alcune
vecchie sale sono state ristrutturate senza l'ombra della minima
coerenza. Due di esse ospitano un “negozio” di souvenir e una
mostra di foto entrambe guardate a vista da altri due addetti per un
totale di 5 dipendenti della struttura.
In
giro nessun cartello informativo. Passando davanti ai bagni si accede
ad un'area adibita a deposito in cui sono stipate decine di sedie (il
castello è oggi sede di convegni), soggette agli agenti atmosferici
e già in avanzato stato di degrado. Salgo sulla terrazza e osservo
l'ennesimo sgarbo fatto alla storia: una decina di antenne di varie
fogge e dimensioni sono piazzate sulla sommità della fortezza che
resistette a Roberto il Guiscardo ma ha dovuto arrendersi alla RAI
radio televisione italiana.
Esco
mestamente e nel restituire la preziosa guida consegnatami al mio
arrivo chiedo se la stessa fosse disponibile in altre lingue o se
fosse possibile avere un'audioguida. Incasso un previsto no e uscendo
dalla biglietteria sento l'impiegata che, rivolgendosi con molta
probabilità alle sue collaboratrici, commenta la mia richiesta con
un laconico “anzi...”.
Penso
a quanto il castello potrebbe essere sfruttato, valorizzato,
pubblicizzato. Guardo il mare e la Sicilia di fronte a me e subito
torno alla realtà.
W
l'Italia.
la guida non era "l'ultima copia disponibile" ma "l'unica copia disponibile"
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