giovedì 26 aprile 2012

Tesori sprecati: il Castello Ruffo


Nonostante questo blog sia dichiaratamente dedicato alla città di Catanzaro, mi permetterete ogni tanto qualche piccola digressione riguardante altre zone della Calabria.
Oggi dedico qualche riga ad una splendida località della nostra regione: Scilla. In particolare al Castello Ruffo di Scilla, di cui potrete leggere qualche cenno anche su wikipedia.

Imponente, carico di storia, affascinante. Ma non è per tesserne le lodi che ne parlo.
Che le condizioni delle innumerevoli risorse archeologiche, storiche, artistiche e culturali del Belpaese siano pessime è cosa nota e, nonostante mi sia erudito in merito anche grazie a “Vandali” di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella (probabilmente i massimi esperti degli sprechi all'italiana), rimango sempre esterrefatto quando tocco con mano il peggio che le nostre amministrazioni pubbliche sanno dare.
Il Castello Ruffo domina dall'alto la costa Scillea. Fiero. Maestoso.
Percorro il viale che porta all'ingresso, entro nell'ufficio adibito a biglietteria. Euro 1,50 per l'ingresso mi comunica una delle tre impiegate tre che siedono stancamente dietro alla scrivania. Poco, penso. Ritiro il biglietto e prima di andarmene mi viene offerta una “guida del castello”: una fotocopia b/n, solo testo, plastificata alla bell'e meglio recante la scritta evidenziata “Restituire all'uscita”.

Comincio la mia visita seguendo la descrizione della “guida” e, seppur non entusiasta del servizio finora ricevuto, mi compiaccio delle condizioni del monumento. Altri turisti si immergono insieme a me nell'atmosfera carica di storia, purtroppo senza i preziosi consigli del testo che ho tra le mani: la mia copia era l'ultima disponibile.
Attraversato il portale che conduce alla zona centrale, intravedo qualcosa che fa venire la pelle d'oca: due costruzioni moderne sono state realizzate all'interno delle mura che da secoli dominano lo Stretto. Nel periodo fascista alcuni lavori danneggiarono irrimediabilmente la struttura. Questi e altri lavori hanno violentato e distrutto ciò che neanche i terremoti del 1783 e del 1908 erano riusciti a distruggere.

Alcune vecchie sale sono state ristrutturate senza l'ombra della minima coerenza. Due di esse ospitano un “negozio” di souvenir e una mostra di foto entrambe guardate a vista da altri due addetti per un totale di 5 dipendenti della struttura.
In giro nessun cartello informativo. Passando davanti ai bagni si accede ad un'area adibita a deposito in cui sono stipate decine di sedie (il castello è oggi sede di convegni), soggette agli agenti atmosferici e già in avanzato stato di degrado. Salgo sulla terrazza e osservo l'ennesimo sgarbo fatto alla storia: una decina di antenne di varie fogge e dimensioni sono piazzate sulla sommità della fortezza che resistette a Roberto il Guiscardo ma ha dovuto arrendersi alla RAI radio televisione italiana.

Esco mestamente e nel restituire la preziosa guida consegnatami al mio arrivo chiedo se la stessa fosse disponibile in altre lingue o se fosse possibile avere un'audioguida. Incasso un previsto no e uscendo dalla biglietteria sento l'impiegata che, rivolgendosi con molta probabilità alle sue collaboratrici, commenta la mia richiesta con un laconico “anzi...”.

Penso a quanto il castello potrebbe essere sfruttato, valorizzato, pubblicizzato. Guardo il mare e la Sicilia di fronte a me e subito torno alla realtà.

W l'Italia.

1 commento:

  1. la guida non era "l'ultima copia disponibile" ma "l'unica copia disponibile"

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